New York 07-08
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data: |
30 December 2007 |
alloggio: |
Cosmopolitan Hotel |
prezzo: |
$190+tax |
Summary |
Brooklyn Tabernacle |
Brooklyn Bridge |
Big Wong |
Rockfeller Center |
Top of the Rock |
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Il Coro del Brooklyn Tabernacle
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Sunday, 30th December
Oggi, per la prima volta, le 3 ore di jetlag si fanno sentire un po'.
Per poter arrivare alla messa gospel in tempo dobbiamo alzarci verso le
8, che sono le 5 di Seattle.
Ma tant'e', e dopo una colazione
in camera con dei biscotti portati da casa e caffe' di Starbucks
(ne abbiamo uno proprio sotto l'hotel) siamo pronti a lasciare Manhattan
per Brooklyn.
Magda, il Brooklyn Bridge e Wall Street sullo sfondo
Gospel al Brooklyn Tabernacle
New York negli ultimi anni e' cambiata moltissimo in termini di
sicurezza. Io pero' sono cresciuto ascoltando alcune storie di mio
padre (che e' vissuto da ragazzo nel New Jersey) ed altri racconti
di amici e colleghi di Seattle che sono vissuti a NY negli anni ottanta,
e di conseguenza mi immagino quartieri come Brooklyn, Harlem, Bronx e Queens
come dei campi di battaglia in cui hai fifty-fifty chances di sopravvivere.
Immaginazione a parte siamo perfettamente consci che Brooklyn non solo
dovrebbe essere tranquilla ma anche piuttosto interessante. Appena usciamo
dalla metro si nota l'atmosfera un pochino piu' trasandata
di quella di Manhattan, ma come ci aspettavamo tutto e' tranquillissimo
e troviamo la chiesa senza problemi. Dire chiesa non e' particolarmente
esatto, si tratta piu' di qualcosa che ricorda un teatro, un teatro
veramente molto bello aggiungerei. La cosa che pero' ci colpisce
di piu' sono proprio le persone. La sensazione e' di deja-vu
ma essere qui in persona e' molto diverso. I fedeli sono tutti vestiti
benissimo: gli uomini in giacca e cravatta, le donne con begli abiti dai
colori sfavillanti, i ragazzi che assomigliano tutti a Bart Simpson quando
va a messa la domenica. Se cio' non bastasse tutti hanno un sorriso
radioso stampato sul volto, come se questa fosse una festa piu' che
una messa. Non sono stato a molte messe in vita mia, ne' in Italia
ne' in Polonia. Ma cio' che ricordo e' atmosfera serissima,
e se dovessi associare un colore al concetto di messa, questo sarebbe sicuramente
il grigio. Qui invece la gioia espressa dai volti e dai colori e' quasi
incontenibile e farsi coinvolgere non e' assolutamente difficile.
Dopo mille abbracci, saluti e sorrisi (tutti sembrano cnoscere tutti),
la messa comincia. Tutti cantano, tutti battono le mani, tutti esprimono
le proprie sensazioni in modo diverso. Anche questa e' una cosa che
mi ha colpito: in una messa tradizionale si fa tutti la stessa cosa, allo
stesso tempo. Qui invece ognuno e' libero, all'interno della
funzione, di esprimersi a piacere. E allora vedi persone che si alzano
in piedi e sollevano le mani al cielo quando tutti sono seduti, vedi gente
gridare "amen" o "the Lord is great" quando tutti
sono silenti… il tutto sempre con estremo rispetto e in modo sorprendentemente
armonioso col resto della messa.
Cantiamo, cantiamo, cantiamo e poi i Pastori
predicano, e poi si canta di nuovo. Alla fine e' il famoso coro (vincitore
di 6 Grammy Awards) che conclude la messa, non prima pero' che meta' del
teatro si sia alzato e riversato intorno al Pastore Jim Cymbala, il leader
di Brooklyn Tabernacle.
Dopo aver stretto piu' mani e abbracciato
piu' sconosciuti
di quante avessimo stretto e di quanti avessimo abbracciato in vita nostra,
lasciamo la chiesa e risaliamo in metro discutendo di questa interessantissima
esperienza.
Brooklyn Bridge
Scendiamo alla fermata di Brooklyn Bridge, dalla parte del ponte opposta
a Manhattan. Camminare sul ponte e' una delle esperienze da non perdere
a NY e cosi' ci incamminiamo sotto il cielo nuvoloso della tarda
mattinata. Il ponte e' maestoso, ed i mattoni chiari conferiscono
molta nobilta' a questa struttura.
La passeggiata e' davvero
piacevole, con ottime viste dei grattacieli di Wall Street e con la Statue
of Liberty in lontananza. Altri famosi grattacieli appaiono a nord-est
in lontananza, tra i quali ci sembra di distinguere l'Empire.
Dopo
dozzine di foto e altrettanti quasi-scontri con i ciclisti (a onor del
vero, eravamo noi a camminare dove non avremmo dovuto) arriviamo a Manhattan.
Nambe ua!
Essendo in zona torniamo in albergo per riposarci un attimo e decidere
sul da farsi. Ormai sono quasi le due e cominciamo ad essere veramente
affamati. Decidiamo di tornare a Chinatown per provare uno dei ristoranti
super consigliati dalla mia guida. Il ristorante e' Big
Wong e la
guida promette una vera esperienza sociale/culinaria.
Raggiungiamo Big Wong
in una ventina di minuti a piedi. A quest'ora
del giorno con la quantita' di cinesi che se ne vanno in giro e' praticamente
impossibile farsi spazio ma procedento lentamente, spintone dopo spintone,
arriviamo finalmente a destinazione.
Quando apriamo la porta notiamo subito
una fila di persone in attesa di un tavolo, mentre decine di camerieri
corrono avanti ed indietro e piatti di anatra in agrodolce volano ovunque
tra le urla (tutte in cinese) che sembrano essere l'unico modo conosciuto
da queste persone per comunicare. Due americani ci spiegano che dobbiamo
prendere un numero dal tizio all'entrata
(quello che urla piu' di tutti). Non senza timore mi avvicino e il
tizio mi assegna un bigliettino col numero 1 urlando "nambe
ua!" (ovvero, "number
one" in cinese-americano urlato). Non ho idea di perche' ci
venga assegnato il numero uno, visto e considerato che agli americani prima
di noi era stato dato il 17 e mi rifiuto di credere che i cinesi abbiano
solo 17 numeri o che il tizio urlante sapesse contare solo fino a 17.
I
cinque minuti che seguono rimangono tra i ricordi piu' terrificanti
della mia vita: in una sorta di "Mission Impossible" cerco
di intuire quali numeri stia chiamando il tizio urlante, sicuro del fatto
che col numero di gente in fila ed i ritmi di questo ristorante, se perdessi
l'urlo per il mio numero 1 mi toccherebbe ricominciare tutto da capo.
Con grande fortuna riconosco (ero sicuro al 90%, a dire la verita')
il tanto atteso "nambe ua'!", e ci viene finalmente assegnato
un tavolino nel mezzo di altri due tavolini dove altra gente stava gia' mangiando.
Nonostante ci fossero dei menu, in questo tipo di ristorante sarebbe bene
sapere gia' cosa vuoi ordinare. Noteremo in seguito che nessuno dei
cinesi apre mai il menu, ma ordinano 3 secondi dopo essersi seduti. Il
nostro cameriere si presenta un istante dopo che ci siamo seduti e sembra
deluso dal fatto che non solo non fossimo pronti ad ordinare, ma che io
avessi addirittura una domanda sui due menu sul tavolo, uno dei quali aveva
tutti prezzi doppi rispetto all'altro menu. Ci dice che uno e' il
menu per pranzo e l'altro e' per cena. Secondo me pero' uno
era il menu per cinesi e l'altro per turisti. Noi, naturalmente,
dobbiamo ordinare da quello coi prezzi doppi. Cio' nonostante dobbiamo
ammettere che il mio maiale in agrodolce e il pollo di Magda sono ottimi
e le porzioni abbondantissime. Ci gustiamo questo pranzo, anche se cio' che
ci gustiamo davvero e' l'esperienza sociale.
Stracolmi paghiamo
(solo contante!) e ce ne torniamo in albergo mentre ormai sono le 16 ed
il sole tramonta.
Rockfeller Center
Nonostante sia buio, faccia freddo e piova anche un po', decidiamo
di rimetterci in moto per tornare nella zona di Times Square. Ci sono due
o tre cose che vorremmo vedere. Cominciamo da Grand
Central, la famosa
stazione di treni e metro. Continuiamo fino al Crysler
Building, uno dei
grattacieli piu' famosi di New York. Il nostro vero obiettivo e' pero
Rockfeller Center. Rockfeller Center e' facilmente distinguibile
a svariati isolati di distanza per due ragioni: 1) e' enorme e 2)
la quantita' di persone che si accalcano nei dintorni farebbe la
sua dignitosa figura anche al cospetto delle folle di Chinatown.
Essere
qui e' pero' comunque un'esperienza fantastica.
Per chi non sapesse di cosa sto parlando, se avete mai visto un servizio
in tv su New York con l'enorme albero di Natale e la pista da pattinaggio,
beh quello e' parte di Rockfeller Center. Ci fermiamo a guardare
la gente che pattina e l'enorme e bellissimo albero di Natale. Ma
noi siamo qui soprattutto per provare Top of the Rock, ovvero la salita
in cima al Rockfeller Center (che e' uno dei piu' alti grattacieli
di New York). Compriamo i biglietti e ci mettiamo in fila. Ci vogliono
quasi 40 minuti prima di arrivare in cima, e durante la processione tra
controlli vari, foto di circostanza e file di svariato genere la cosa piu' memorabile
e' sicuramente l'ascesa tramite ascensore. Appena l'ascensore
si muove, il soffitto dello stesso diventa trasparente e ci si sente quasi
in una navetta lanciata verso lo spazio.
Arrivati in cima ci godiamo la
bella vista in notturna di New York, con le mille luci che riempiono Manhattan
e l'enorme buco nero di Central
Park. Dopo aver ammirato il panorama ed aver fatto qualche foto ci rimettiamo
in fila per scendere (si', c'e' una fila anche per scendere
ed e ci vuole quasi lo stesso tempo che per salire).
Ormai la serata si
e' conclusa e non ci rimane che tornare in albergo.
Non abbiamo molta fame dopo esserci rimpizzati a Big Wong e optiamo per
una cena leggerissima comprando un paio di yogurt e della frutta.
Domani
e' l'ultimo dell'anno.